L’essere umano
allo stato evolutivo attuale (adottando una visione
evoluzionistica) codifica la realtà basandosi sulla propria
capacità di “osservazione”. Capacità che potrebbe pertanto non
coincidere con una verità assoluta ma sempre relativa
all’osservatore, anche quando l’osservatore si avvale di
strumenti in grado di trasformare il “non percepibile” in
“rappresentazioni” quindi in “oggetti” sui quali può più o meno
intervenire. Il cannocchiale, il microscopio, la matematica,
la scienza, l’arte, la conoscenza sono tutti strumenti,
conoscitivi e tecnologici, che hanno permesso all’essere
umano di vedere oltre il “biologicamente” osservabile, sono
tutti strumenti estensori delle capacità percettive umane,
sono tutti strumenti che trasformano “l’invisibile” in
“visibile” rispetto alle capacità umane di osservazione.
L’essere umano quindi “osserva” e, in base ai propri
strumenti, definisce dei sistemi di riferimento. Abbiamo più
volte avuto modo di spiegare ai nostri allievi di teoria
emotocognitiva che questa tendenza alla “discriminazione” è
una naturale funzione umana ma anche che l’essere umano,
conscio di tali processi, può arginare i rischi derivanti da
un eccesso di “frammentazione” culturale. Il nostro
obiettivo di scienziati è quello di utilizzare il più basso
grado di astrazione possibile ovviamente nei limiti dello
stato delle nostre attuali conoscenze e capacità. Ridurre
l'astrazione non significa eliminarla in quanto ogni
pensiero umano è di fatto un'astrazione. Significa però
cercare di mantenere il livello di astrazione funzionale
allo scambio d'informazione, quindi concreto e pragmatico.
Questa è una necessità quando si opera in ambito scientifico
mentre in ambiti più "umanistico-culturali" potrebbe
apparire riduttivo. Pertanto invitiamo a inquadrare questo
testo nella cornice dell'ambito di una lettura scientifica.
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