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Terapia in psicologia emotocognitiva del dismorfismo corporeo

Laura Comerci

Marco Baranello

Premessa

Il disturbo di dismorfismo corporeo è un disturbo somatoforme per il quale la persona focalizza la propria attenzione su un supposto difetto fisico, reale o immaginario, che tende a divenire il pensiero dominante nella vita della persona fino a condizionare inevitabilmente le proprie funzioni sociali, lavorative, relazionali, ecc.

La psicologia emotocognitiva ha già spiegato come i processi attentivi dell'organismo incrementino gli stati di tensione centrali e periferici rispetto al sistema nervoso ovvero l'organismo può prestare attenzione esclusivamente incrementando i propri stati tensivi.

Ad un certo punto della vita della persona, indipendentemente dal "motivo", l'organismo si è trovato a focalizzare la propria attenzione su uno pseudo difetto fisico. Questo ha generato un incremento di tensione difetto-specifico. L'incremento di tensione raggiungendo livelli di soglia critici genera nell'organismo uno stato di sofferenza. L'organismo a questo punto cerca di risolvere il proprio stato di disagio tentando di decrementare i livelli di tensione. Però l'attenzione sulla tensione tende, per gli stessi processi psicofisiologici che hanno generato i processi tensivi originariamente, ad incrementare proprio la tensione che la persona cerca volontariamente di risolvere. Essendo la tensione sintomo-specifica il soggetto cerca di risolvere il proprio difetto o comunque di controllarlo evidenziando la base ansioso-ossessiva legata al disturbo. Questo significa che il soggetto cerca volontariamente di agire sulle proprie rappresentazioni (concetto di oggetto in psicologia emotocognitiva) visto che non può controllare direttamente lo stato di disagio causato dall'attenzione sul "difetto".

Quello su cui la psicologia emotocognitiva focalizza la propria attenzione è sul tentativo che la persona mette in atto nel cercare di ridurre i livelli di ansia generati dalla focalizzazione dell'attenzione sul presupposto difetto fisico.
La tensione prodotta genera la sofferenza che la persona tende a ridurre attraverso i comportamenti sopra indicati. I propri comportamenti così come le comunicazioni ed i comportamenti di chi sta intorno al soggetto con disturbo di dismorfismo, però, tendono a ridurre i livelli di sofferenza soltanto temporaneamente e per periodi davvero molto limitati (pochi giorni, poche ore o addirittura poche decine di minuti). Di fatto le azioni che tendono a ridurre l'inevitabile sofferenza associata ai sintomi generano un incremento di tensione che genera a sua volta l'incremento della sofferenza che, la psicologia emotocognitiva, ha definito primaria (Baranello, 2006).  [ARTICOLO FULL TEXT IN ARCHIVIO]


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